Premessa

Ripercorrere i 50 anni di storia della nostra sezione non è compito facile; siamo costretti a  rovistare più nella memoria dei pochi “sopravvissuti” che non nei polverosi archivi, dove ritroviamo purtroppo solo pochi documenti. Anche per questo vogliamo sperare di riuscire a ripercorrere gli anni della nostra storia con gli eventi che più li hanno caratterizzati, nel modo più fedele possibile, sicuri di essere perdonati da tutti per eventuali errori o omissioni.

Sappiamo che, come tante altre in Italia, la nostra Sezione venne costituita al termine della Seconda guerra mondiale, alla fine del 1945, ma divenne operativa dal gennaio del 1946. Il primo tesseramento coinvolse, oltre ai 58 soci fondatori, altri 47 soci. Pur mancando l’atto ufficiale di fondazione, almeno di questo abbiamo la certezza. Per il resto dobbiamo affidarci agli scarni documenti rintracciati nei nostri archivi e in quelli della sede centrale del CAI, e alla memoria dei pochi che, tra i 105 soci iniziali, contribuirono a far nascere e, successivamente, a dare impulso a quella che oggi è una Sezione fiera di annoverare oltre 1.500 iscritti con quattro Sottosezioni: Arcore, Burago Molgora, Sulbiate e Cavenago Brianza.

1928 sottosezione

Seguendo a ritroso l’esile filo di queste tracce, però, abbiamo la sorpresa di scoprire che il nostro CAI, prima di diventare Sezione, fu a sua volta una Sottosezione, per l’esattezza Sottosezione del CAI Brianteo di Monza. Risalendo a fatica la china degli anni che precedettero l’ultima guerra, arriviamo infatti a scoprire che un gruppo di impavidi concittadini staccatisi da una società escursionistica già operante in paese, il 7 ottobre 1928, 65 anni dopo la fondazione del Club Alpino Italiano, presso le Capanna Monza ai piedi del Resegone, inaugurò il gagliardetto ufficiale della Sottosezione CAI di Vimercate. A questa cerimonia parteciparono una cinquantina di soci, arrivati a Erve con ogni mezzo: dalla bicicletta alla motoretta, alla Balilla i più fortunati.

A quella gita ne seguirono numerose altre già nell’anno successivo; la presidenza del Cavalier Bollani diede impulso a un’attività estiva abbastanza interessante, soprattutto pensando ai tempi; gite in torpedone al Monte Alben, al Pizzo Scais, al rifugio Curò. Nomi di località che ricorrono abitualmente anche ai giorni nostri, ma che in quell’epoca prevedevano trasferimenti abbastanza laboriosi e non privi di avventure. E poi c’erano i costi, non da tutti sopportabili: nel 1930, per andare a Valbondione venivano chieste la bellezza di 26 lire ai soci e 28 lire ai non soci, quasi quanto il costo del “bollino”.

Ogni gita veniva pubblicizzata con volantini scritti a mano e veniva successivamente relazionata in modo molto dettagliato dal segretario della Sottosezione; inoltre, la Sezione Briantea pubblicava periodicamente un notiziario dal quale ancora oggi ci sarebbe da imparare, e del quale alcune copie sono miracolosamente arrivate fino a noi.

Notizie frammentarie ci portano a pensare che questa attività proseguì negli anni e, poco prima della guerra, venne incrementata con uscite invernali alle quali parteciparono anche alcuni pionieri dello sci alpino. Dallo scoppio della guerra si può presumere che all’interno della Sottosezione cessò ogni attività.

1946 Sezione

Ma con la guerra non finì la passione per la montagna, e già nel 1945 i sopravvissuti si ritrovarono con ancora più entusiasmo e decisero di fondare ufficialmente la Sezione di Vimercate; in quell’anno il CAI contava 65.000 associati e 190 sezioni in Italia; di loro, 105 appartenevano al quella di Vimercate.

Nei primi anni di vita i soci del nostro CAI riservarono attenzione quasi esclusivamente all’attività invernale. I tempi erano ancora quelli eroici, ma la voglia di evasione e, soprattutto, di aggregazione dopo lunghi anni bui faceva sopportare qualsiasi sacrificio. Non era una rarità, infatti, partire molto prima dell’alba per andare a Foppolo a batter neve e rientrare a casa all’una di notte. Località come Cervinia o Courmayeur venivano raggiunte solo in primavera, quando le strade erano transitabili; era allora più probabile trovare primule al posto della neve. Al Sestriere si riusciva a mettere gli sci anche dopo mezzogiorno, e questo per molti anni a venire.

I gloriosi sci Kandaar erano acquistati a prezzo di sacrifici, il costo di una gita era ancora pari a quello del “bollino” annuale, lire 500 a quei tempi, le ore sugli sci erano di gran lunga inferiori a quelle passate in viaggio, ma la passione faceva sopportare tutto.

Il nostro primo presidente fu Achille Vaiani, grande appassionato di sci; dopo l’entusiasmante campagna tesseramenti del primo anno, la Sezione si assestò sulla cinquantina di soci, ma occorre dire che alle attività promosse partecipavano anche numerosi non iscritti.

Nel 1948 prese la guida Ambrogio Assi, anch’esso provetto sciatore nonché alpinista, il quale la cedette nel 1951 a Mario Silvestrini.

L’attività estiva era ridotta alle semplici scampagnate e narcisate, mentre i pochi appassionati di montagna, pur frequentando il CAI, si ritrovavano in seno all’Oratorio o ai “Pell e Oss” di Monza per organizzare la loro attività alpinistica. Tra questi, oltre allo stesso Silvestrini, c’erano Angelo Carrera, Vittorio Levati, Paolo Lamperti, Domenico Migliorini, Luigi Formenti e Aldo Mandrini, i quali, oltre a essere consiglieri del nostro CAI nei primissimi anni ’50, figuravano essere anche tra i più attivi, sia come sciatori che come alpinisti.

Anni 50

Da questo periodo in avanti, possiamo ricostruire la nostra storia aiutati anche dalla memoria di alcuni di questi ultimi, i quali già nel 1953 potevano vantare salite di tutto rilievo, e non solo per i tempi: Cervino, Biancograt al Bernina, sperone della Brenva al monte Bianco, classiche e meno classiche vie di arrampicata su roccia come la Steger al Catinaccio o il tetto del Fungo. Inoltre, in pochi anni si erano fatti svelare ogni segreto da Grignetta e Medale.

Per gli spostamenti si cominciava a utilizzare le prime Lambrette, in qualche caso addirittura le prime Topolino, ma le uscite rimanevano comunque difficoltose e, nella maggior parte dei casi, veniva utilizzato ancora il treno. Per salire un Cervino, condizioni meteorologiche permettendo, venivano spese le ferie intere o quasi.

A metà degli anni Cinquanta, sempre sotto la guida di Mario Silvestrini, la forza della Sezione ricominciò a prendere consistenza e andò creandosi anche un gruppo molto affiatato di alpinisti che affrontava la montagna con lo spirito classico del tempo, animato di grande passione, ma senza alcuna scuola alle spalle.

In pochi anni questi giovani misero nel loro carniere buona parte delle classiche delle Alpi, ma soprattutto riuscirono ad aggregare intorno a loro numerosi giovani, i quali ingrossarono sempre più anche le file del nostro CAI.

Grazie al traino che l’attività invernale continuava a svolgere, nel 1958 i nostri soci arrivarono a 80, mentre in tutta Italia se ne contavano circa 80.000, ed ebbe inizio anche l’organizzazione sistematica di un’attività estiva; i tempi erano maturi per poter avere un seguito in questo settore, anche se il nostro CAI, forse per la molteplicità delle attività che ha sempre avuto la fortuna di proporre, avrà in questo settore dei notevoli alti e bassi, almeno fino ai primi anni 90.

Le località che i programmi escursionistici proponevano in quegli anni erano quelle classiche: dai Corni di Canzo ai Resinelli, dai laghi Gemelli, al Curò, al Resegone, ma anche fino al Brentei e in altre parti delle Dolomiti. Gli spostamenti però avvenivano quasi sempre con autovetture proprie.

Anni 60

Nel 1960 Domenico Migliorini subentrò a Mario Silvestrini alla guida della Sezione; dopo i primi anni passati a turno nelle case dei vari consiglieri, le riunioni del consiglio si tennero alla “Trattoria Orsolina”. Solo nel 1965 il nostro CAI riuscì ad affittare una sede in un vecchio cortile di via Garibaldi. In poco tempo venne abbellita come fosse una piccola baita e venne persino dotata di un mobile bar. Pochi soldi e tanto lavoro per nove anni, poi si dovette ricominciare daccapo; si trovò ospitalità in via Santa Sofia, dove vennero trasportate e rimontate a dovere tutte le suppellettili di via Garibaldi, ma il problema della sede rimase aperto. Avere una sede propria non era un semplice capriccio col quale si volevano risolvere questioni gestionali e burocratiche, quanto un’esigenza sentita da tutti per incontrarsi, aggregarsi, confrontarsi, magari anche scontrarsi, ma, soprattutto, crescere. Una questione che, come vedremo più avanti, era d’importanza vitale.

I torpedoni cominciavano a diventare corriere, poi divennero pullman; le autostrade si estendevano, la gente viaggiava in “500” e la montagna di conseguenza si avvicinava sempre di più.

Visti i risultati, si può affermare che anche l’attività organizzata individualmente da nostri soci raccoglieva sempre più successi sia nel campo dell’alpinismo classico, dove troviamo ancora Angelo Carrera e Antonio Ronchi, sia in quello della arrampicata pura dove, dagli inizi degli anni Sessanta, fece scuola Giancarlo Mauri.

E proprio Giancarlo Mauri, nel 1969, fu spettatore impotente di una delle pagine più tristi della storia del nostro CAI e della famiglia di uno dei nostri più instancabili sostenitori: la disgrazia del Medale, dove, per pura fatalità, perse la vita Giuseppe Verderio, allora ventiquattrenne, fratello del nostro ex presidente Luigi. Dal 1970, in sua memoria, venne istituito il “Premio Giuseppe Verderio”, col quale premiare i ragazzi delle scuole più sensibili sul tema della natura e della montagna.

Questa iniziativa andò purtroppo piano piano sfumando, ma sarebbe bello ritrovare la collaborazione da parte delle scuole in modo da poterla riproporre e, magari, migliorarla alla luce delle nuove esperienze acquisite dalla nostra Sezione.

Uno strano destino per la nostra Sezione volle legare, 25 anni dopo, il nome Verderio a un altro tragico evento in montagna: la scomparsa di un giovane socio e amico avvenuta nel 1994 alla Punta Maria, in Val di Lanzo: Riccardo Verderio, omonimo ma senza alcuna parentela con il primo.

Nel frattempo l’attività sciistica ebbe nuovo impulso con l’avvento del Parallelo, del Super Parallelo e dei nuovi Marker. A questi si aggiunse anche quella dello sci di fondo; la nascita dello SCI-CAI, nel 1969, fu determinata proprio dal notevole interesse che queste attività, sempre in crescendo negli anni, hanno avuto all’interno della nostra Sezione.

Il treno continuava a sferragliare nelle valli quando divenne nostro presidente Angelo Carrera; era il 1964, e lo rimase fino al 1992. Una vera colonna del nostro gruppo, una persona  nella quale per lunghi anni si è identificato il CAI di Vimercate stesso. Sotto la sua lunga, e, per tanti versi, illuminata guida, possiamo dire che la nostra Sezione abbia  assunto la moderna connotazione che ha tuttora.

Angelo Carrera ha sempre seguito le sorti del nostro sodalizio, al di là delle cariche ricoperte, e, oltre che grande animatore, ha sempre sperimentato di persona ognuna delle numerose attività che poi ha proposto in sede con passione.

Anche se non sempre può bastare la passione e, soprattutto, non sempre è facile riuscire a trasmetterla agli altri; infatti, anche sotto la sua guida, il nostro Club ha conosciuto momenti di flessione, non tanto di aggregati (nel 1964 i soci erano arrivati a 120) quanto di praticanti e partecipanti.

Anche lo sci, che, come detto, per un lungo periodo servì per aggregare, incentivare e creare fondi da destinare all’attività estiva, ebbe momenti grigi. Oltre a non avere una sede, i consiglieri di allora dovettero infatti affrontare anche il primo “rosso” di bilancio, ma il loro entusiasmo non venne mai meno e seppero superare le difficoltà impegnandosi in prima persona ancora di più, come si dice, stringendo la cinghia, facendo gruppo e destinando a questa attività una proposta meno variegata e fantasiosa: cioè gite solo in quei luoghi troppo conosciuti per essere presi in considerazione prima, ma attrezzati di moderni impianti e, soprattutto, adatti anche allo sci da fondo; vennero eliminate dai programmi le gite con pochi iscritti. Tutti si impegnarono a estendere le iscrizioni, oltre che nei luoghi cittadini, anche in paesi limitrofi.

Grazie soprattutto a quest’ultima iniziativa, con la quale si faceva anche conoscere il CAI di Vimercate fuori dalle mura cittadine, in pochi anni si tornò a guardare con fiducia verso il futuro.

Era il 1967 quando alla nostra Sezione si aggregò la Sottosezione di Arcore, denominata CEA. Negli anni successivi, in seguito alla partecipazione alle gite invernali, ritornata entusiastica, come già accennato, venne costituito lo SCI-CAI. Grazie a Giacomo Ronchi, Luigi Andreoni e molti altri appassionati, si iniziò fin da subito a partecipare anche al “Trofeo dei 6 Comuni”, una manifestazione che, pur tra alti e bassi, proseguì per diversi anni. Tra alterne fortune proseguirono anche le nostre storiche gare sociali, altre occasioni irripetibili di aggregazione. Gare che lo SCI-CAI si trovò purtroppo costretto ad abbandonare dopo oltre venti edizioni, così come dovette chiudere il settore agonistico. Una scelta dolorosa in quanto si trattava, soprattutto, di grandi appuntamenti per ritrovarsi in festosa compagnia e per divulgare lo sport tra i giovani.

Anni 70

Il “bollino” saliva a 3.250 lire, i soci in Italia a 115.000 e quelli di Vimercate a 148 quando, nel 1971, iniziò la lunga storia della Marcialonga di Fiemme e Fassa, e con essa iniziò anche la lunga storia della nostra adesione a questa gioiosa manifestazione; da allora il nostro CAI non ha mai mancato un’edizione. Tra i più entusiasti sostenitori, e partecipante fin dal primo momento, assieme a Giuseppe Mangiagalli, che arriverà a collezionare ben 21 edizioni consecutive, e a Marco Mangiagalli, troviamo Angelo Carrera. La stessa cosa succede per la storica Monza-Resegone, la cui storia si lega in un filo ininterrotto con la nostra Sezione.

Infatti, fin dalla prima edizione della nuova serie, quella podistica, fummo presenti con una squadra che annoverava proprio Angelo Carrera. Era il 1973, non c’erano velleità di vittoria, per la difficoltà del percorso era già tanto arrivare al traguardo. Brambilla, Carrera e Mangiagalli aprirono però la strada a una serie di risultati invidiati da tutti e tuttora ineguagliati: nelle 23 edizioni finora disputate, infatti, la Monza-Resegone ha sempre avuto in lizza una nostra squadra e ci ha visto trionfare per ben 9 volte, 5 delle quali con il terzetto composto dai formidabili Colombo, Galizzi e Lavelli.

Nel 1974 registriamo il primo incontro della nostra Sezione con un famoso personaggio dell’alpinismo: Reinhold Messner, già affermato protagonista di grandi imprese sulle Alpi, appena agli inizi della sua lunga attività himalayana, che fu nostro ospite in una affollata e indimenticata serata. A quella ne seguirono numerose altre, con più o meno successo, fino ad arrivare agli appuntamenti di questi ultimi anni che hanno visto come ospiti nostri soci protagonisti di spedizioni extraeuropee. La forza della nostra Sezione saliva nel frattempo salita a 198, mentre anche il “bollino” continuava la sua corsa fino ad arrivare a 4.000 lire.

La voglia di montagna cominciava veramente a diffondersi, quella di aggregazione pure e, tra il 1976 e il 1978, dopo numerosi anni passati a incollare francobolli, trovammo la nostra definitiva collocazione su “Lo Scarpone”. I nostri programmi ebbero un’eco più vasta, al nostro segretario di allora, Vittorio Brambilla, venne risparmiato un po’ di lavoro, i nostri soci superarono le 300 unità e il costo del “bollino” raddoppiò.

Anni 80

L’inizio degli anni Ottanta fu caratterizzato dall’ingresso nel nostro gruppo di nuove attività: la Mountain Bike e il Kayak furono tra le prime di queste. Esse servirono anche per aprire nuovi orizzonti in un sodalizio notoriamente refrattario alle novità; vennero in seguito prese diverse iniziative coordinate rispettivamente da Giorgio Sabbioni e da Luca Di Paola, anche se la maggior parte di queste attività venne organizzata, così come avviene oggi, in piccoli gruppi. La Sezione ricavò notevole impulso e riuscì ad aggregare numerosi giovani.

Ma quel che più caratterizzò quegli anni fu l’apertura della nostra sede attuale di via Terraggio Pace, inaugurata ufficialmente nel 1984, ma già attiva fin dal 1981. Una serie di manifestazioni, tra cui l’allestimento della nostra prima parete artificiale per l’arrampicata sportiva al Ponte di San Rocco, accompagnò questo grande sforzo di fantasia e, soprattutto, di buona volontà da parte di tanti nostri soci, e di cui possiamo a ben ragione essere orgogliosi.

L’importanza di avere un punto d’incontro accogliente era già presente da tempo, ma solo intorno a quegli anni si poté concretizzare l’idea nata, più che da un grande desiderio, da un’esigenza reale. Visto il ruolo avuto, e che continua ad avere, vista la funzionalità della nuova sede, ancora attualissima, dobbiamo proprio essere grati alla lungimiranza degli ideatori, i quali, oltre al loro lavoro materiale, ebbero la brillante idea di lanciare una sottoscrizione anticipata a cinque anni di “bollini” (allora a 20.000 lire). Grazie anche a questa iniziativa si ebbe un forte incremento di associati che, già nel 1985, arrivarono a 501, e oggi possiamo accreditare a essa uno dei maggiori meriti della situazione attuale della nostra Sezione.

Assieme al nostro nuovo adesivo, nel 1985 arrivò dunque in via Terraggio Pace anche l’arrampicata sportiva. Non si limitò però a rimanere “fuori dalla porta”, ma fece il suo ingresso in pompa magna. Dapprima su iniziativa di singoli, Luigi Ravasi e Giuseppe Besana in testa, poi via via con il coinvolgimento sempre più ampio dei giovani, in quegli anni si misero le basi per un’attività che ancora oggi, grazie soprattutto ad Alessandro Ronchi, ha un ruolo notevole nel nostro gruppo.

Questo sta a dimostrare che, contrariamente a quanto avvenuto da altre parti, l’arrampicata sportiva, o arrampicata libera che dir si voglia, anche se nacque per un fatto di moda, nel nostro CAI ha trovato col tempo una giusta collocazione che la garantisce anche per il futuro.

Essa si sviluppò rapidamente su ottimi livelli; era un divertimento nuovo concesso senza la fatica di lunghi e faticosi avvicinamenti. In poco tempo si arrivò anche a “chiodare” molte nuove falesie brianzole: Civate e il Monte Barro furono tra queste, a cui seguirono la Val Grande e molte altre.

Un’opera, quest’ultima, dovuta soprattutto ad Alessandro Ronchi e Rino Fumagalli, ma supportati di volta in volta da numerosi altri soci. Grazie all’impulso che seguì all’avvento di questa disciplina venne pure allestita una parete artificiale nell’oratorio cittadino, dando così la possibilità di rimanere allenati in ogni stagione e, soprattutto, offrendo ai giovani nuove opportunità di svago.

Assieme al Passo Pattinato e alla Pre-sciistica, sul finire degli anni Ottanta, per iniziativa dello SCI-CAI, si avviarono i corsi di Sci Alpino e da Fondo, le settimane bianche e i week-end sulla neve, mentre le classiche gite domenicali, almeno una decina a stagione, sempre grazie a Luigi Andreoni e a Gian Piero Brambilla, continuavano senza sosta con risultati lusinghieri, così come proseguiva l’attività individuale nell’alpinismo classico.

E per merito soprattutto di Giancarlo Maffei ritornò a prendere impulso anche l’escursionismo; un’attività organizzata e portata avanti con amore e passione per tanti anni, e che andò incrementandosi sempre più, fino ad arrivare a rappresentare l’attività principale della nostra Sezione, intorno alla quale ruota un po’ tutta la sua vita, coinvolgendo rappresentanti di ogni generazione.

Nel 1988 il CAI festeggiò i 125 anni di vita; tra i 260.000 associati emersero nuove leve con nuove idee. Idee poco gradite alla vecchia guardia di un Club ormai divenuto non più elitario, ma con le quali bisognava confrontarsi sempre più spesso. Il CAI si era trasformato da parecchio tempo in un’associazione aperta a tutti e aveva assunto i connotati di un ente pubblico con valenza anche sociale.

Anni 90

Nel 1990 nacque la Sottosezione di Sulbiate, e i nostri associati erano saliti a 757 col “bollino” a 26.000 lire, mentre due anni più tardi, dopo 22 anni di presidenza, ad Angelo Carrera, uno dei pochi superstiti del gruppo storico ancora attivi, subentrò alla guida del CAI di Vimercate Luigi Verderio, presidente tuttora in carica. Era il 1992, la nostra Sezione arrivò a sfiorare gli 800 soci (794 col “bollino” a 35.000 lire) e, per stare al passo coi tempi e le tecnologie, si attrezzò di personal computer e telefono.

L’anno successivo si arricchì pure con una nuova Sottosezione, quella di Burago Molgora, e vennero sviluppate altre iniziative come lo scialpinismo, il parapendio e l’alpinismo extraeuropeo, senza per questo che venissero trascurate le attività classiche e, soprattutto, quelle culturali.

È oramai storia di oggi; entrando nella nostra sede, infatti, non possiamo fare a meno di notare la sua nutrita biblioteca, il fax, la fotocopiatrice e un proiettore sempre pronto, così come non passano inosservati i numerosi incontri con i protagonisti del mondo della montagna, e non solo.

 

Molti associati sfogliano ogni mese “Lo Scarpone” per trovare notizie sui nostri programmi. Occorre sottolineare che l’organizzazione di tutte queste attività richiede un folto numero di accompagnatori, di istruttori, di volontari, e speriamo che in futuro molti appassionati, spinti anche dall’entusiasmo che si respira in via Terraggio Pace, si impegnino con noi. I corsi di Alpinismo Giovanile, avviati proprio nel 1995, sono possibili solo perché nel nostro gruppo annoveriamo degli Accompagnatori diplomati, mentre per organizzare altre attività non occorrono diplomi bensì tanta buona volontà.

Ci auguriamo che la stessa speranza possa accompagnare le ultime iniziative entrate nel nostro mirino, organizzate per ora solo come attività di gruppo, non come scuola; la prima di queste, lo scialpinismo, fu introdotta da Marcellino Penna, il quale promosse una prima serie di escursioni con le pelli di foca durante la stagione invernale 1993/94; a lui, nelle due stagioni successive, subentrò, e prosegue a operare tuttora, Fabio Airoldi. L’onere e il piacere di continuare ad accompagnare un gruppo ristretto di appassionati alla scoperta del fantastico mondo dello scialpinismo per il momento è tutto suo, ma speriamo che questo sia il preludio di un vero e proprio corso di scialpinismo.

Il parapendio è invece arrivato nel nostro CAI grazie a Dionigi Franco, Giacomo Scaccabarozzi e Giorgio Sabbioni; si tratta di un’attività che sta coinvolgendo molti giovani e che all’apparenza può sembrare d’avere poco a che fare con la montagna, mentre viene praticata dai nostri amici proprio a completamento dell’attività alpinistica. E a questo proposito vorremmo ricordare un solo esempio, certi di non fare torto ad altri: la discesa in parapendio dalla vetta più alta del Perù, il Huascaran, di metri 6768, preceduta dalla classica, ma faticosa salita da parte di Giacomo Scaccabarozzi.

Per quanto riguarda l’alpinismo extraeuropeo, introdotto nella nostra Sezione grazie soprattutto all’incontro del nostro Luigi Verderio con Giacomo Scaccabarozzi e al mai troppo compianto Riccardo Verderio, in soli tre anni il nostro CAI ha avuto la gioia di patrocinare alcune spedizioni che si sono risolte con la salita a cime di prestigio, a oltre 7000 metri di quota: Dut Sar e Muztagh Ata sono solo alcune di queste. Con questa nuova attività si è voluto aprire una strada che speriamo possa sfociare anche nell’organizzazione diretta da parte della nostra Sezione di spedizioni con le quali permettere a nostri associati di mettere a frutto le loro esperienze in luoghi sempre nuovi.

Cinquantennale

Assieme al nostro cinquantennale, nel 1996 festeggiamo la nascita della Sottosezione di Cavenago e, con essa, l’iscrizione del nostro socio numero 871 a tutto il 1995, a buon diritto orgogliosi di avere percorso una parte ragguardevole dei 133 anni di vita del Club Alpino Italiano, arrivato ad annoverare 311.000 soci, e di essere una delle sue 464 sezioni.

In questo anno vorremmo festeggiare anche la riuscita di tutte le nostre iniziative, soprattutto di quelle rivolte ai giovani, e, perché no, anche con la promozione di attività per la Terza Età. E magari, oltre che con la candelina sul Monte Rosa, chissà che non si riesca ad accenderne un’altra su di una montagna ancora più grande e prestigiosa.

Ma già possiamo essere soddisfatti di essere riusciti a celebrare il cinquantesimo anno di vita con questo libro, il quale non intende essere solo un viaggio nella memoria, ma soprattutto un invito a guardare avanti. Questo lungo spaccato di storia, che non vuole e non può comunque essere completo, non sarebbe veritiero se si concludesse senza ricordare come la vita della nostra Sezione sia servita anche per ottenere dei risultati ai quali non era, e non è, esattamente proposta: la nascita di numerosi fiori d’arancio sono solo alcuni di questi.